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Quel che cerchiamo è la felicità

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(...) Ogni giorno ci troviamo ad affrontare varie situazioni che impongono una scelta e, nonostante gli sforzi, spesso non prendiamo la soluzione che sappiamo "essere buona per noi". Questo accade in parte perchè la "scelta giusta" è sovente la più difficile e ci costringe a sacrificare in certo grado il nostro piacere.
Nel corso dei secoli uomini e donne si sono sforzati di chiarire quale ruolo il piacere dovesse svolgere nella loro vita: innumerevoli filosofi, teologi e psicologi hanno analizzato il nostro rapporto con questa senzazione. Nel terzo secolo a.C., Epicuro basò il proprio sistema etico sull'audace concetto che "il piacere sia l'inizio e la fine di una vita felice". Ma anch'egli riconobbe l'importanza del senso comune e della moderazione, e osservò come il farsi prendere in maniera incontrollata dai piaceri sensuali producesse a volte dolore anzichè gioia.
Negli ultimi anni dell'800 Sigmund Freud si dedicò all'elaborazione di una teoria del piacere e concluse che la fondamentale motivazione alla base dell'intero apparato psichico è il desiderio di alleviare la tensione causata da pulsioni istintuali inappagate; a suo avviso, insomma, noi siamo motivati dalla ricerca del piacere. (...)
Ovviamente, nessuno di noi ha bisogno degli antichi filosofi greci, degli psicoanalisti ottocenteschi o degli scienziati odierni per capire che cosa sia il piacere. Sappiamo cos'è quando lo proviamo. Comprendiamo cos'è quando la persona amata ci accarezza o ci sorride, quando ci concediamo il lusso di un bagno caldo in un freddo pomeriggio piovoso o quando contempliamo la bellezza di un tramonto. Ma molti provano piacere anche nella frenesia indotta da una linea di cocaina, nell'estasi dello sballo da eroina, nello stordimento della sbornia alcolica, nella gioia di sfrenate imprese sessuali o nell'euforia di un colpo di fortuna a Las Vegas.
Anche questi sono piaceri assai reali, con cui molta gente, oggi, è costretta a fare i conti.
Benchè non vi siano sistemi facili per evitare simili godimenti distruttivi, abbiamo il vantaggio di conoscere il punto di partenza: ricordarci che quel che cerchiamo nella vita è la felicità. Come osserva il Dalai Lama, questo è un dato di fatto incontrovertibile. Se affronteremo le nostre scelte di vita tenendo a mente tale concetto, faremo meno fatica a rinunciare a cose che, pur dandoci una soddisfazione momentanea, a lungo andare ci danneggiano. Il motivo per cui è spesso così difficile dire un semplice no è da ricercarsi in quel monosillabo: il "no" è infatti associato all'idea di dover rifiutare a se stessi qualcosa, di dover compiere una rinuncia e privarsi di qualcosa.
Ma forse l'approccio migliore è reinquadrare qualsiasi decisione chiedendosi: " Mi darà la felicità?". Questa semplice domanda rappresenta un prezioso strumento, perchè può aiutarci a gestire tutti i settori della vita, non solo a decidere si dobbiamo indulgere alla droga o concederci una terza fetta di torta alla banana. Ci consente infatti di osservare le cose da un'ottica nuova. Se affronteremo le decisioni e le scelte quotidiane con quella domanda in mente, sposteremo il fulcro dell'attenzione da ciò che neghiamo a noi stessi a ciò che cerchiamo: la vera felicità, che, come dice il Dalai Lama, è stabile e durevole.
La felicità da cercare è quella che resta nonostante gli alti e bassi della vita e le normali oscillazioni dell'umore, quella che appartiene alla matrice stessa del nostro essere.
Se adotteremo tale ottica, ci sarà più facile prendere la "decisione giusta", perchè agendo ci proporremo di darci qualcosa anziché di privarci di qualcosa o negarci qualcosa. (...)



(da "L'arte della felicità" - Dalai Lama con H.C.Cutler)



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