La Tisana del Cuore

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Storie di Vita e Non

Racconti del Cuore


"Qualunque cosa facciate, fatela di cuore."

Colossesi 3.23




Un bicchiere di latte

Un giorno un ragazzo povero, che per pagare i suoi studi vendeva beni di porta in porta, si accorse che gli era rimasta solamente una monetina da dieci centesimi, e aveva fame. Così decise di chiedere da mangiare alla prossima casa. Ma si smontò subito quando vide che ad aprire la porta era una giovane donna. Invece di un pasto, gli riuscì solo di chiedere un bicchier d'acqua. Lei però lo vide così affamato che pensò di portargli un bicchierone di latte. Lo bevve lentamente e poi chiese: "Quanto le devo?" "Non mi deve niente - rispose lei - Mamma ci ha insegnato a non accettare mai compensi per una gentilezza". Lui disse: "Allora la ringrazio di cuore". Quando Howard Kelly lasciò quella casa, non si sentiva più forte solo fisicamente, ma anche la sua fede in Dio e nell'uomo si erano rafforzate. Poco prima era stato quasi sul punto di lasciarsi andare...

Anni dopo, quella giovane donna si ammalò gravemente. I dottori locali non sapevano come cavarsela e alla fine la mandarono nella grande città, perché degli specialisti studiassero la sua malattia rara. Anche il Dott. Howard Kelly fu chiamato per un consulto, e quando sentì il nome della città da cui proveniva, una luce strana riempì i suoi occhi. Immediatamente si levò e corse giù verso la sua camera d'ospedale. Avvolto nel suo camice da dottore andò a visitarla e subito la riconobbe. Uscì da quella stanza determinato a fare tutto il possibile per salvarle la vita. Da quel giorno riservò grandi attenzioni al caso e, solo dopo una lunga lotta, la battaglia fu vinta.

Il Dott. Kelly chiese all'amministrazione di comunicargli il conto, per la sua approvazione. Dopo averlo visionato, scrisse qualcosa in un angolo e lo fece recapitare nella stanza della donna. Lei temeva di aprirlo, perché sapeva che ci avrebbe messo una vita per pagarlo tutto. Alla fine lo lesse, e alcune parole attirarono la sua attenzione a lato del conto:
"Pagato interamente con un bicchiere di latte".
Dott. Howard Kelly

Anonimo




La coperta


La piccola coperta bianca che lo aveva scaldato nella culla non lo aveva lasciato. Era minuscola, un po' lisa, e lo accompagnava dovunque. Se proprio era costretto a starle lontano, il bambino pretendeva che il piccolo rettangolo di stoffa bianca fosse in un luogo visibile. Piegata o arrotolata nello zainetto colorato lo seguiva a scuola. La piccola coperta bianca era come la sua ombra. Quando, dopo mille insistenze, la mamma riusciva convincerlo a mettere la coperta in lavatrice, il bambino si sedeva inquieto davanti all'oblò dello sportello e aspettava, senza perderla d'occhio un istante. La sorellina di poco più grande lo canzonava per questa mania, ma al bambino non importava. La coperta era il suo talismano segreto, il suo scudo, la sua protezione. Un giorno, il papà annunciò che per motivi di lavoro doveva affrontare un lungo viaggio in aereo. Per il bambino era una novità. La vigilia della partenza, trascinando la sua coperta, seguì preoccupato tutti gli spostamenti del papà, fissandolo con apprensione durante la preparazione della valigia.
«Papà, non cadono mai gli aerei?».
«Quasi mai...».«Quello che prendi tu è un aereo bello grosso, vero?».
«Certo. Il più grosso di tutti».
«E sta su anche se c'è la bufera?».
«Di sicuro».
«Tu però stai attento. C'è il paracadute?». «Ma sì, bimbo mio».
Il padre partì e l'aereo arrivò in orario. L'uomo si sistemò in albergo, ma quando aprì i bagagli rimase di stucco.
In cima a tutto, nella valigia, c'era la piccola coperta bianca del suo bambino.
Allarmato, telefonò immediatamente alla moglie: «E capitata una cosa terribile, non so come sia potuto succedere ma la coperta del bambino è qui nella mia valigia! Come facciamo?».
«Stai tranquillo. Poco fa il bambino mi ha detto: Non preoccuparti, mamma. Ho dato a papà la mia coperta: non gli succederà niente».


Bruno Ferrero



Il miracolo

Questa è la storia vera di una bambina di otto anni che sapeva che l'amore può fare meraviglie. Il suo fratellino era destinato a morire per un tumore al cervello. I suoi genitori erano poveri, ma avevano fatto di tutto per salvarlo, spendendo tutti i loro risparmi.
Una sera, il papà disse alla mamma in lacrime: "Non ce la facciamo più, cara. Credo sia finita. Solo un miracolo potrebbe salvarlo".
La piccola, con il fiato sospeso, in un angolo della stanza aveva sentito.
Corse nella sua stanza, ruppe il salvadanaio e, senza far rumore, si diresse alla farmacia più vicina. Attese pazientemente il suo turno. Si avvicinò al bancone, si alzò sulla punta dei piedi e, davanti al farmacista meravigliato, posò sul banco tutte le monete.
"Per cos'è? Che cosa vuoi piccola?".
"È per il mio fratellino, signor farmacista. È molto malato e io sono venuta a comprare un miracolo".
"Che cosa dici?" borbottò il farmacista.
"Si chiama Andrea, e ha una cosa che gli cresce dentro la testa, e papà ha detto alla mamma che è finita, non c'è più niente da fare e che ci vorrebbe un miracolo per salvarlo. Vede, io voglio tanto bene al mio fratellino, per questo ho preso tutti i miei soldi e sono venuta a comperare un miracolo".
Il farmacista accennò un sorriso triste.
"Piccola mia, noi qui non vendiamo miracoli".
"Ma se non bastano questi soldi posso darmi da fare per trovarne ancora. Quanto costa un miracolo?".
C'era nella farmacia un uomo alto ed elegante, dall'aria molto seria, che sembrava interessato alla strana conversazione.
Il farmacista allargò le braccia mortificato. La bambina, con le lacrime agli occhi, cominciò a recuperare le sue monetine. L'uomo si avvicinò a lei.
"Perché piangi, piccola? Che cosa ti succede?".
"Il signor farmacista non vuole vendermi un miracolo e neanche dirmi quanto costa…. È per il mio fratellino Andrea che è molto malato. Mamma dice che ci vorrebbe un'operazione, ma papà dice che costa troppo e non possiamo pagare e che ci vorrebbe un miracolo per salvarlo. Per questo ho portato tutto quello che ho".
"Quanto hai?".
"Un dollaro e undici centesimi…. Ma, sapete…." Aggiunse con un filo di voce, "posso trovare ancora qualcosa….".
L'uomo sorrise "Guarda, non credo sia necessario. Un dollaro e undici centesimi è esattamente il prezzo di un miracolo per il tuo fratellino!". Con una mano raccolse la piccola somma e con l'altra prese dolcemente la manina della bambina.
"Portami a casa tua, piccola. Voglio vedere il tuo pratellino e anche il tuo papà e la tua mamma e vedere con loro se possiamo trovare il piccolo miracolo di cui avete bisogno".
Il signore alto ed elegante e la bambina uscirono tenendosi per mano.
Quell'uomo era il professor Carlton Armstrong, uno dei più grandi neurochirurghi del mondo. Operò il piccolo Andrea, che potè tornare a casa qualche settimana dopo completamente guarito.
"Questa operazione" mormorò la mamma "è un vero miracolo. Mi chiedo quanto sia costata…".
La sorellina sorrise senza dire niente. Lei sapeva quanto era costato il miracolo: un dollaro e undici centesimi…. più, naturalmente l'amore e la fede di una bambina.

Bruno Ferrero



Il progresso


Un esploratore percorreva le immense foreste dell'Amazzonia, nell'America del Sud.
Cercava eventuali giacimenti di petrolio e aveva molta fretta.
Per i primi due giorni gli indigeni che aveva ingaggiato come portatori si adattarono alla cadenza rapida e ansiosa che il bianco pretendeva di imporre a tutte le cose.
Ma al mattino del terzo giorno si fermarono silenziosi, immobili, l'aria totalmente assente.
Era chiaro che non avevano nessuna intenzione di rimettersi in marcia.
Impaziente, l'esploratore, indicando il suo orologio, con ampi gesti cercò di far capire al capo dei portatori che bisognava muoversi, perché il tempo premeva.
"Impossibile!" rispose quello, tranquillo.
"Questi uomini hanno camminato troppo in fretta e ora aspettano che la loro anima li raggiunga!".

Bruno Ferrero (tratto da "Cerchi nell'acqua" edito da Elledici)




Il fratellino

Una giovane madre era in attesa del secondo figlio. Quando seppe che era una bambina, insegnò al suo bambino primogenito, che si chiamava Michele, ad appoggiare la testolina sulla sua pancia tonda, e cantare insieme a lei una «ninna nanna» alla sorellina che doveva nascere.
La canzoncina, che faceva «Stella stellina, la notte si avvicina...», piaceva tantissimo al bambino, che la cantava più volte.
Il parto però fu prematuro e complicato. La neonata fu messa in una incubatrice per cure intensive.
I genitori trepidanti furono preparati al peggio: la loro bambina aveva pochissime probabilità di sopravvivere.
Il piccolo Michele li supplicava: «Voglio vederla! Devo assolutamente vederla!».
Dopo una settimana, la neonata si aggravò ancor di più. La mamma allora decise di portare Michele nel reparto di terapia intensiva della maternità. Un'infermiera cercò di impedirlo, ma la donna era decisa ed accompagnò il bambino
vicino al lettino ingombro di fili e tubicini, dove la piccola lottava per la vita.
Vicino al lettino della sorellina, Michele istintivamente avvicinò il suo volto a quello della neonata e cominciò a cantare sottovoce: «Stella stellina...». La neonata reagì immediatamente. Cominciò a respirare serenamente, senz'affanno. Con le lacrime agli occhi, la mamma disse: «Continua, Michele, continua!». Il bambino continuò.
la bambina cominciò a muovere le braccine. La mamma e il papà piangevano e ridevano nello stesso tempo,
mentre l'infermiera incredula fissava la scena a bocca aperta. Qualche giorno dopo, la piccola entrò in casa in braccio alla mamma, mentre Michele manifestava rumorosamente la sua gioia!
I medici della clinica, imbarazzati, definirono l'avvenimento con parole difficili. Ma la mamma e il papà sapevano che era stato semplicemente un miracolo dell'amore di un fratellino per una sorellina tanto attesa.

Bruno Ferrero (tratto da "I fiori semplicemente fioriscono" edito da Elledici)




Salvata

Una bambina i cui genitori erano morti viveva con la nonna e dormiva in una camera al piano di sopra.
Una notte vi fu un incendio nella casa e la nonna perì cercando di salvare la bambina. Il fuoco si diffuse rapidamente, e il primo piano della casa fu ben presto avvolto dalle fiamme.
I vicini chiamarono i pompieri, poi rimasero lì senza poter fare niente, incapaci di entrare in casa perchè le fiamme bloccavano tutti gli ingressi. La bambina comparve a una finestra del piano di sopra, chiamando aiuto, proprio quando tra la folla si diffuse la notizia che i pompieri avrebbero tardato di qualche minuto perchè erano tutti impegnati in un altro incendio.
All'improvviso comparve un uomo con una scala, il quale la appoggiò al fianco della casa e scomparve all'interno. Quando ricomparve aveva fra le braccia la bambina. Consegnò la bambina alle mani in attesa lì sotto, quindi scomparve nella notte.
Un'indagine rivelò che la bambina non aveva parenti in vita, e alcune settimane più tardi si tenne in municipio una riunione per stabilire chi l' avrebbe presa in casa e l'avrebbe allevata.
Un'insegnante disse che le sarebbe piaciuto allevare la bambina. Mise in risalto che le poteva assicurare una buona istruzione.
Un contadino le offrì di crescere nella sua azienda agricola. Sottolineò che vivere in campagna era sano e ricco di soddisfazioni. Parlarono altri, che esposero le loro ragioni per le quali fosse vantaggioso per la bambina vivere con loro.
Alla fine il più ricco cittadino si alzò e disse:"Io posso offrire alla bambina tutto i vantaggi che voi avete menzionato qui, più i soldi e tutto ciò che si può comprare con i soldi."
Per tutto questo tempo la bambina era rimasta in silenzio, con gli occhi fissi sul pavimento.
"Nessun altro vuole parlare?" domandò il presidente dell'assemblea.
Dal fondo della sala si fece avanti un uomo. Aveva un'andatura lenta e sembrava soffrire.
Quando giunse davanti a tutti, si mise direttamente di fronte alla bambina e allungò le braccia.
La folla rimase senza fiato. Le mani e le braccia erano orribilmente sfigurate.
La bambina esclamò: "Questo è l'uomo che mi ha salvata!" Con un balzo, gettò le braccia al collo dell'uomo, tenendolo stretto come per salvarsi la vita, come aveva fatto in quella notte fatale. Nascose il volto nelle spalle di lui e singhiozzò per qualche istante. Quindi alzo gli occhi e gli sorrise.
"La seduta è sospesa!" disse il presidente.


Autore ignoto
(tratto da "Brodo caldo per l'anima 2" di J.Canfield e M.V.Hansen)




Signora... lei è ricca?

Si rannicchiarono dietro la porta doppia: due bambini con i cappotti a brandelli troppo piccoli per loro.
"Ha giornali vecchi, signora?"
Ero indaffarata, volevo rispondere di no...finchè guardai i loro piedi: sandaletti leggeri, inzuppati dal nevischio.
"Entrate e vi farò una tazza di cioccolata calda."
Non vi fu conversazione. I sandali fradici lasciarono impronte sulla piastra del caminetto.
Servii loro cioccolata e pane tostato con marmellata per fortificarli contro il freddo esterno.
Quindi tornai in cucina e ripresi il mio bilancio familiare...
Il silenzio nel soggiorno mi sorprese. Guardai dentro, la bambina teneva in mano la tazza vuota e la osservava.
Il maschietto mi disse con voce incerta: "Signora... lei è ricca?"
"Se sono ricca? Misericordia, no!" Guardai le consunte foderine del divano.
La bambina rimise la tazza sul suo piattino con cura.
"Le sue tazze sono intonate ai piattini." Aveva osservato la bambina, con una voce vecchia, con una fame che non veniva dallo stomaco.
Quindi se ne andarono, tenendo i pacchi dei giornali contro il vento, non avevano detto grazie, non ne avevano bisogno. Avevano fatto molto di più.
Tazze e piattini di ceramica azzurra di poco valore. Ma erano intonati.
Diedi un'occhiata alle patate e mescolai il sugo.
Patate e sugo di carne, un tetto sopra alla testa, mio marito con un lavoro sicuro... umile ma sicuro. Anche queste cose erano intonate.
Allontanai le sedie dal fuoco e misi in ordine il soggiorno. Le impronte fangose dei sandaletti erano ancora umide sul caminetto. Le lasciai lì: voglio che restino lì caso mai mi dimenticassi di nuovo quanto sono ricca.


Marion Doolan
(tratto da "Brodo caldo per l'anima 3" di J.Canfield e M.V.Hansen)




Papà sotto il letto

Quando ero piccola, un padre era per me come la luce del frigorifero. Ogni casa ne aveva uno, ma nessuno sapeva realmente cosa facevano sia l'uno che l'altro, dopo che la porta era stata chiusa.
Mio padre usciva di casa ogni mattina e ogni sera quando tornava sembrava lieto di rivederci .
Lui solo era capace di aprire il vasetto dei sottaceti, quando gli altri non riuscivano. Era l'unico che non aveva paura di andare in cantina da solo. Si tagliava, facendosi la barba, ma nessuno gli dava il bacino o si impressionava per questo. Quando pioveva era lui che , ovviamente, andava a prendere la macchina e la portava all'ingresso.
Se qualcuno era ammalato, lui usciva a comprare le medicine. Metteva le trappole per i topi.
Quando mi regalarono la prima bicicletta, pedalò per chilometri accanto a me, finchè non fui in grado di cavarmela da sola. Avevo paura di tutti gli altri padri, ma non del mio. Una volta gli preparai il tè, era solo acqua zuccherata, ma lui era seduto su una seggiolina e lo sorbiva dicendo che era squisito.
Ogni volta che giocavo con le bambole: la bambola mamma, aveva un sacco di cose da fare. Non sapevo, invece, cosa far fare alla bambola papà, così gli facevo dire "Bene, adesso esco e vado a lavorare " poi la buttavo sotto il letto.
Quando avevo nove anni, un mattino mio padre non si alzò per andare a lavorare. Andò all'ospedale e morì il giorno dopo.
Allora andai in camera mia e cercai la bambola papà sotto il letto, la trovai, la spolverai e la posi sul letto.
Mio padre non fece mai nulla. Non immaginavo che la sua scomparsa mi avrebbe fatto tanto male.
Ancora oggi non sò perchè.

Erma Bombek




La sedia vuota

Un uomo anziano si era ammalato gravemente. Il suo parroco andò a visitarlo a casa. Appena entrato nella stanza del malato, il parroco notò una sedia vuota, sistemata in una strana posizione accanto al letto su cui riposava l'anziano e gli domandò a cosa gli serviva.
L'uomo gli rispose, sorridendo debolmente: "Immagino che ci sia Gesù seduto su quella sedia, e prima che lei arrivasse gli stavo parlando... Per anni avevo trovato estremamente difficile la preghiera, finché un amico mi spiegò che la preghiera consiste nel parlare con Gesù. Così ora immagino Gesù seduto su una sedia di fronte a me e gli parlo e ascolto cosa dice in risposta. Da allora non ho più avuto difficoltà nel pregare."
Qualche giorno dopo, la figlia dell'anziano signore si presentò in canonica per informare il parroco che suo padre era morto.
Disse: "L'ho lasciato solo per un paio d'ore. Quando sono tornata nella stanza l'ho trovato morto con la testa appoggiata sulla sedia vuota che voleva sempre accanto al suo letto."


Piero Gribaudi (tratto da "Il libro della saggezza interiore. 99 storie intorno all'uomo")



L'Incidente

Una giovane donna tornava a casa dal lavoro in automobile. Guidava con molta attenzione perché l'auto che stava usando era nuova fiammante, ritirata il giorno prima dal concessionario e comprata con i risparmi soprattutto del
marito che aveva fatto parecchie rinunce per poter acquistare quel modello.
Ad un incrocio particolarmente affollato, la donna ebbe un attimo di indecisione e con il parafango andò ad urtare il paraurti di un'altra macchina.
La giovane donna scoppiò in lacrime. Come avrebbe potuto spiegare il danno al marito? Il conducente dell'altra auto fu comprensivo, ma spiegò che dovevano scambiarsi il numero della patente e i dati del libretto.
La donna cercò i documenti in una grande busta di plastica marrone.
Cadde fuori un pezzo di carta.
In una decisa calligrafia maschile vi erano queste parole: "In caso di incidente..., ricorda, tesoro, io amo te, non la macchina!".

"Lo dovremmo ricordare tutti, sempre. Le persone contano, non le cose. Quanto facciamo per le cose, le macchine, le case, l'organizzazione, l'efficienza materiale! Se dedicassimo lo stesso tempo e la stessa attenzione alle persone,
il mondo sarebbe diverso. Dovremmo ritrovare il tempo per ascoltare, guardarsi negli occhi, piangere insieme, incoraggiarsi, ridere, passeggiare...
Ed è solo questo che porteremo con noi davanti a Dio.
Noi e la nostra capacità d'amare. Non le cose, neanche i vestiti, neanche questo corpo..."


Bruno Ferrero (Tratto da "A volte basta un raggio di sole" edito da ELLEDICI edizioni)



Paradiso e Inferno: la vera differenza


Un uomo parlava con il Signore riguardo a paradiso e inferno.
Il Signore disse all’uomo:“Vieni, ti mostrerò l’inferno”…
Entrarono in una stanza in cui un gruppo di persone sedeva attorno ad una grande pentola di stufato.
Tutti erano denutriti, disperati e affamati. Ognuno teneva in mano un cucchiaio che raggiungeva la pentola, ma il cucchiaio aveva un manico tanto più lungo delle loro braccia che non poteva essere usato per portare alla bocca lo stufato. La sofferenza era terribile.
“Vieni, adesso ti faccio vedere il paradiso”, disse il Signore dopo un po’.
Entrarono in un’altra stanza, identica alla prima, tutto era uguale: la stessa pentola di stufato e gli stessi cucchiai a manico lungo. Ma lì tutti erano felici e ben nutriti.
“Non capisco”, disse l’uomo. “Perché sono felici qui se nell’altra stanza erano disperati e tutto era uguale?”
Il Signore sorrise. “Ah, è semplice”, disse…. “Qui hanno imparato a darsi da mangiare l’un l’altro”.


Ann Landers


La storia di Frederick Andrews

Avevo tredici anni quando il dottore T.W. Maree, oggi scomparso, disse a mia madre: "Non c'è alcuna speranza, signora Andrews. Ho perso il mio bambino allo stesso modo, dopo aver fatto per lui tutto quanto era umanamente possibile fare. Ho studiato attentamente questi casi, e so che il suo ragazzo non ha alcuna possibilità di guarire".
Lei si voltò verso di lui e disse:"Lotterei, lotterei finchè c'è un alito di vita per cui combattere".
Quello fu l'inizio di una lunga e interminabile battaglia, piena di alti e bassi, in cui i medici concordavano tutti sul fatto che non c'era speranza di una cura, anche se facevano del loro meglio per darci il loro sostegno e tenerci su di morale.
Ma alla fine, arrivò la vittoria, ed io che ero un piccolo bambino storto, ricurvo e deforme, che camminava a quattro zampe, sono diventato un uomo forte, eretto e ben formato.
Ora, so che voi volete la formula, e ve la darò nel modo più conciso e veloce possibile.
Mi sono creato un'affermazione, prendendo la qualità di cui avevo più bisogno, e l'ho ripetuta molte e molte volte:"Io sono integro, perfetto, forte, potente, amorevole, armonioso, felice".
Conservai questa affermazione nella mia mente, sempre la stessa, senza cambiare una virgola, tanto da arrivare a svegliarmi la notte sentendomi ripetere:"Io sono integro, perfetto, forte, potente, amorevole, armonioso, felice". Era l'ultima frase che pronunciavo la sera, e la prima che dicevo al mattino.
Non solo la enunciavo per me, ma anche per altre persone che sapevo ne avevano bisogno. Vorrei sottolineare questo punto: qualunque cosa desideriate per voi stessi, affermatela anche per gli altri, e questo aiuterà entrambi.
Chi semina raccoglie. Se si trasmettono pensieri di amore e di salute, ci tornano indietro come il pane gettato sulle acque; ma se mandiamo pensieri di paura, preoccupazione, gelosia, rabbia, odio ecc., ne raccogliamo i risultati nella nostra vita. (...)
Quando un pensiero di rabbia, gelosia, paura o preoccupazione si affaccia nella vostra mente, cominciate a ripetervi la vostra affermazione. L'oscurità si combatte con la luce, il freddo con il calore, il male si supera con il bene. Per quanto mi riguarda, il diniego non mi è mai servito a nulla. Affermate il bene, e il male svanirà.


Frederick Elias Andrews (Tratto da "La Chiave Suprema" di Charles Haanel)


Sachi

Poco dopo la nascita di suo fratello, la piccola Sachi cominciò a chiedere ai genitori di lasciarla sola con il neonato. Si preoccupavano che, come quasi tutti i bambini di quattro anni, potesse sentirsi gelosa e volesse picchiarlo o scuoterlo, per cui dissero di no. Ma Sachi non mostrava segni di gelosia. Trattava il bambino con gentilezza e le sue richieste di essere lasciata sola si facevano più pressanti. I genitori decisero di consentirglielo.
Esultante, Sachi andò nella camera del bambino e chiuse la porta, ma rimase una fessura aperta, abbastanza da consentire ai curiosi genitori di spiare e ascoltare. Videro la piccola Sachi andare tranquillamente dal fratellino, mettere il viso accanto al suo e dire con calma: "Bambino, dimmi come è fatto Dio. Comincio a dimenticarmelo".


Dan Millman

Per favore vestitemi di rosso

Nella mia duplice professione di educatrice e di assistente sanitaria, ho lavorato con numerosi bambini affetti dal virus che provoca l'AIDS. Il rapporto che ho avuto con questi bambini è stato un dono della mia vita. Mi ha insegnato tante cose, ma ho imparato soprattutto che il grande coraggio si trova negli involucri più piccoli.
Vi racconterò di Tyler.
Tyler nacque affetto da HIV; anche sua madre era infetta. Fin dal principio della sua vita Tyler dovette ricorrere alle medicine per sopravvivere. (...)
A volte aveva bisogno anche di ossigeno supplementare per sostenere la respirazione.
Tyler non era disposto a cedere neanche un istante della sua infanzia a questa malattia mortale. Non era insolito trovarlo a giocare e correre attorno al cortile, portando lo zaino pieno di medicine sulla schiena e trascinando la bombola di ossigeno nel suo carretto.
Tutti noi che conoscevamo Tyler ci meravigliavamo della sua gioia pura nell'essere vivo e dell'energia che questa gli dava. La mamma di Tyler lo prendeva in giro dicendogli che lui si spostava tanto velocemente che lei avrebbe dovuto vestirlo di rosso. In quel modo, quando dava un'occhiata fuori della finestra per controllarlo quando giocava in cortile, l'avrebbe individuato rapidamente.
La temuta malattia alla fine logorò anche una piccola dinamo come Tyler. Il bambino si ammalò gravemente e purtroppo si ammalò anche sua madre, affetta da HIV. Quando divenne chiaro che Tyler non sarebbe sopravvissuto, sua madre gli parlò della morte. Lo confortò dicendogli che anche lei stava morendo e che presto sarebbe stata con lui in cielo. Pochi giorni prima di morire, Tyler mi chiamò al suo letto d'ospedale e mi sussurrò: "Morirò presto. Non ho paura. Quando muoio, perfavore vestitemi di rosso. La mamma ha promesso di venire anche lei in cielo. Io starò giocando quando arriverà lei, e voglio essere sicuro che mi trovi."

Cindy Dee Holms


Quei cari vecchietti

All'età di novantadue anni nonna Fritz viveva ancora nella sua vecchia casa di campagna a due piani, preparava le fettucine fatte in casa e faceva il bucato con il vecchio strizzatoio nello scantinato. Sempre da sola coltivava anche il suo orto, grande abbastanza da sfamare tutta la contea di Bentos, usando soltanto una zappa e una vanga. I suoi figli settantenni la sgridavano affettuosamente quando insisteva per tagliare l'erba del grande prato davanti casa con la sua vecchia e antiquata falciatrice.
"Ma faccio questi lavori solo al mattino presto o la sera, quando é più fresco" spiegava la nonna, "e mi metto sempre il cappello".
I suoi figli provarono un certo sollievo quando vennero a sapere che la nonna aveva cominciato a partecipare ai pranzi del centro anziani della zona.
"Si" ammise la nonna mentre sua figlia annuiva soddisfatta. "Cucino per loro. Sai, quei cari vecchietti sono così contenti!".

LeAnn Thieman (Tratto da "Una tisana calda per l'anima delle donne")


Che parole?

Un uomo, preoccupato perché il suo matrimonio era in crisi, si recò a chiedere consiglio da un famoso maestro.
Questi lo ascoltò e poi gli disse: "Devi imparare ad ascoltare tua moglie".
L'uomo prese a cuore questo consiglio e tornò dopo un mese per dire che aveva ascoltato ogni parola che la moglie dicesse.
Il maestro gli disse sorridendo: "Ora torna a casa e ascolta ogni parola che non dice".

Bruno Ferrero (Tratto da "Il canto del grillo" edito da Elle Di Ci Edizioni)



Concorso di Bellezza

Una nota azienda produttrice di prodotti di bellezza invitò gli abitanti di una grande città a segnalare i nominativi, allegando anche le foto, delle donne più belle che conoscessero.
Nell'arco di poche settimane la società ricevette migliaia di lettere.
Una lettera in particolare catturò l'attenzione dei selezionatori e fu subito consegnata al presidente.
Era stata scritta da un ragazzo con problemi famigliari che viveva in un quartiere degradato. Dopo le correzioni ortografiche, la lettera diceva:

"C'è una donna bellissima che vive in fondo alla strada dove abito io. Vado a trovarla tutti i giorni. Mi fa sentire il bambino più importante del mondo. Giochiamo a dama e lei ascolta i miei problemi... Lei mi capisce e quando vado via si ferma sulla porta e mi grida che è fiera di me."

Il ragazzo concludeva la lettera dicendo: "Questa immagine mostra che lei è la donna più bella, spero di avere una moglie bella come lei."
Incuriosito, il presidente chiese di vedere la foto della donna. La sua segretaria gli porse una foto di una donna sorridente, senza denti, avanti negli anni, seduta su una sedia a rotelle. I pochi capelli bianchi erano raccolti in uno chignon e le rughe che formavano profondi solchi sul suo viso sembravano attenuarsi alla luce dei suoi occhi.

"Non possiamo usare questa donna" disse il presidente con un sorriso. "Mostrerebbe al mondo intero che i nostri prodotti non sono necessari per essere belle."


(Tratto da "More Stories for the Heart" di Carla Muir)



Vai al testo originale (in inglese)




Se tornassi a vivere

"Ogni istante che Dio ti dona è un tesoro immenso, non buttarlo. Non correre sempre, alla ricerca di chissà quale domani. Vivi meglio che puoi, pensa meglio che puoi e fai del tuo meglio oggi. Perchè l'oggi sarà presto il domani e il domani sarà presto l'eterno."

A.P. Gouthey


Qualcuno mi ha chiesto giorni fa se, potendo rinascere, avrei vissuto la vita in maniera diversa. Lì per lì ho risposto di no, poi ci ho pensato un po’ su e…
Potendo rivivere la mia vita, avrei parlato meno ed ascoltato di più.
Non avrei rinunciato ad invitare a cena gli amici soltanto perché il mio tappeto aveva qualche macchia e la fodera del divano era stinta.
Avrei mangiato briciolosi panini nel salotto buono e mi sarei preoccupata molto meno dello sporco prodotto dal caminetto acceso.
Avrei trovato il tempo di ascoltare il nonno quando rievocava gli anni della sua giovinezza.
Non avrei mai preteso in un giorno di estate, che i finestrini della macchina fossero alzati perché avevo appena fatto la messa in piega.
Non avrei lasciato che la candela a forma di rosa si sciogliesse, dimenticata, nello sgabuzzino. L’avrei consumata io a forza di accenderla.
Mi sarei stesa sul prato con i bambini senza badare alle macchie d’erba sui vestiti.
Avrei pianto e riso di meno guardando la televisione e di più osservando la vita.
Avrei condiviso maggiormente le responsabilità di mio marito.
Mi sarei messa a letto quando stavo male, invece di andare febbricitante al lavoro, quasi che, mancando io dall’ufficio, il mondo si sarebbe fermato.
Invece di non vedere l’ora che finissero i nove mesi della gravidanza, ne avrei amato ogni attimo, consapevole del fatto che la cosa stupenda che mi viveva dentro era la mia unica occasione di collaborare con Dio alla realizzazione di un miracolo.
A mio figlio che mi baciava con trasporto non avrei detto: “Su, su, basta. Và a lavarti che la cena è pronta”.
Avrei detto più spesso: “Ti voglio bene” e meno spesso: “Mi dispiace”…ma soprattutto, potendo ricominciare tutto daccapo, mi impadronirei di ogni minuto…lo guarderei fino a vederlo veramente…lo vivrei…e non lo restituirei mai più.


Erma Bombeck




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